Un passo indietro

«Dell’incontro con l’altro non siamo i protagonisti»

di Vito CASALINO

15.01.2015 – Ci sono momenti in cui sentiamo di poter aprire la porta del nostro cuore perché percepiamo che l’altro è pronto ad ascoltarci. Sappiamo che è difficile aprirsi agli altri ed ancora più difficile è saper ascoltare. Per entrambi però è necessario il silenzio. Il silenzio di cui parlo è quello che ci fa paura, è quello che se ci mettiamo davvero a viverlo (e non a farlo), comincia ad aprire tutte le stanze nascoste del nostro cuore e spesso nascondiamo quello che non ci piace e che riteniamo opportuno non mostrare; il silenzio è la chiave che pensavamo di aver nascosto ancora più in profondità. Il silenzio apre tutto, perché nel silenzio si cela il Signore che ama tutto di noi e che sa guarire tutte le ferite e colmare tutte le nostre mancanze.

Perchè vivere il silenzio per aprirsi e per ascoltare?
Come si può condividere una parte di se stessi se prima non la si è scoperta? Il silenzio aiuta a scoprire ciò che siamo veramente sostituendo l’immagine che ci siamo creati e che a volte risulta tanto reale da indurci a credere che quella persona siamo veramente noi.
Ascoltare è un esercizio ancora più difficile, perché dell’incontro con l’altro, non siamo i protagonisti. Dobbiamo, quindi, stare “un passo indietro” e avere pazienza senza credere di dover dare sempre una risposta o un consiglio.

Tutti possono aprirsi ma non tutti sanno ascoltare ed è per questo che mi è sempre stato consigliato di scegliere accuratamente le persone alle quali consegnare una parte di me per non correre il rischio del pettegolezzo e del pregiudizio.
Credo che il compito degli operatori pastorali, e quindi anche il nostro di responsabili laici d’oratorio, sia quello di riuscire a diventare quelle persone di fiducia che sanno ascoltare perché si sono esercitate a fare silenzio, e nel silenzio e nel buio ascoltano e vedono Dio.

Questa breve riflessione è sbocciata dentro di me durante una compieta con i ragazzi delle superiori questo 4 gennaio, quando in spiaggia,  immersi in un cielo stellato con il sottofondo delle onde che si esaurivano a riva e il vento incessante ho sentito il bisogno di fare “un passo indietro” per vedere e ascoltare perché non mi sentivo degno della grandezza del momento. Durante il momento delle preghiere dei ragazzi non nascondo di essermi commosso e di aver pregato “ti prego ascoltaci” e di averli affidati uno ad uno ricordandomi che i ragazzi non sono “miei” e che non ho suscitato io in loro quelle preghiere ma il Signore che ascoltavamo e vedevamo nel buio e nel silenzio, quel Signore che è il primo e l’ultimo col quale possiamo aprirci.

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