L’ORATORIO È DI TUTTI E PER TUTTI

«L’Oratorio dev’essere una casa. Ma chi può abitare in questa casa?»

di Vito CASALINO

11.12.2014 – La mia riflessione parte dalla consapevolezza che l’oratorio è e dev’essere una casa. Ma chi può abitare in questa casa? Spesso mi trovo nella situazione in cui si scontrano due interessi di pari dignità, quello delle famiglie che si aspettano che l’oratorio debba essere un luogo sicuro dove chi crea problemi e/o minaccia la salubrità dell’ambiente dev’essere allontanato e quello dei ragazzi che cercano un luogo dove sentirsi accolti, nonostante il loro vissuto più o meno disordinato e che vivono già in altri ambienti il dramma dell’esclusione.

Ma se l’oratorio è una casa allora chi lo abita è da considerarsi come una famiglia, anzi lo è per davvero!

Nella famiglia dell’oratorio, come in quella composta da genitori e figli, allora è necessario trovare un equilibrio fatto di inclusione e responsabilità.

Qui sta il grande tema della comunità educante, tanto sottolineato dal nostro Arcivescovo, che trae linfa dalla comune responsabilità, che necessariamente deve avere la comunità dei più grandi, nei confronti dei più piccoli, indifesi o arroganti che siano. Per questo in una famiglia non vi è spazio per l’esclusione ma nemmeno per le prepotenze.

Allora come trovare questo equilibrio? Qual è la ricetta perfetta? Cosa deve fare la comunità educante per risolvere l’annoso dilemma?

La parola chiave, a mio parere, è relazione. Dobbiamo accettare però il fatto che per creare relazione sia necessario mettersi al servizio dell’altro prima di tutto nell’ascolto e che per farlo ci vuole tempo. Ed ecco allora che per risolvere subito il problema alcuni ricorrono semplicisticamente all’esclusione diretta, quando si tratta di allontanare i ragazzi che non stanno alle regole, o indiretta quando nella radicalizzazione dell’inclusione si evita l’invito alla corresponsabilità da parte dei più grandi che piano piano cercheranno un luogo più sicuro e tranquillo.

Riconoscendo che ogni persona tende alla relazione, penso che  l’oratorio offra un’opportunità senza eguali, dando la possibilità ai bambini e ragazzi che seguono, ma anche che non seguono i tradizionali percorsi educativi, di essere accolti e accompagnati nelle relazioni tra di loro, con i più grandi e, questa la peculiarità quasi unica dell’oratorio, con Dio.

Crescendo mi rendo sempre più conto dell’incessante cammino dell’uomo, dal più piccolo al più anziano, alla ricerca di Dio, e questo, ho dovuto accettarlo non molto tempo fa, mi fa credere che dentro ognuno di noi si annidi il suo lo Santo Spirito.

Se ogni uomo è alla ricerca di relazioni, sia con altri uomini che con Dio l’invito che mi sento di condividere è quello che vale la pena “perdere tempo”. Nel mio piccolo e non senza fatica ho avuto già modo di vedere i frutti di questo “perdere tempo” nelle relazioni, dal barista che sta diventando un educatore al genitore che di sua spontanea iniziativa riprende il comportamento di un ragazzino che sta creando confusione, al classico “tamarro” che entra e ti saluta stringendoti la mano, lo stesso che fino a qualche settimana prima non tratteneva l’insulto gratuito, per arrivare a quei ragazzi che dopo un anno di indifferenza ti pongono davanti domande di fede.

Allo stesso tempo non bisogna scoraggiarsi al pensiero che con qualcuno sarà tutta fatica sprecata perché questo nasconde un pensiero ancora più devastante e che cioè che quella tal persona sia ormai irraggiungibile, persa. E non sto parlando solo dei ragazzi schiantati dalla vita, ma anche di quegli adulti che hanno cristallizzato nella loro testa la condanna del “lo so chi è quello lì” senza voler nemmeno provare a fargli capire che dentro ad ognuno  si cela la bellezza dell’amore di Dio.

Ricordiamoci però che non siamo i salvatori del mondo, e che quello che facciamo deve partire da uno stare con il Signore e che a lui dobbiamo affidarci consapevoli che i nostri sforzi sono solo un piccolo aiuto al costante lavorio dello Spirito Santo presente in ogni uomo, questo ci aiuterà a superare con fiducia le delusioni e i fallimenti.

 

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