È UN TIRO DA ORATORIO

A cura di Ottavio PIROVANO | Prendo a prestito da don Ugo Lorenzi il titolo di questa introduzione ad alcuni momenti di riflessione che abbiamo vissuto in questo ultimo anno. La frase non è sua, nel suo intervento all’assemblea della Fom del 2015 la cita per dire lo spirito dell’oratorio: di per sè l’espressione usata indica un tiro al pallone che non è proprio da professionista, è uno di quei calci per “spazzare” l’area che non guarda dove va il pallone, basta che lo si allontani da una zona pericolosa; don Ugo però la cita per indicare uno stile che sa improvvisare, uno stile che non si irrigidisce all’interno di un progetto scritto, ma sa cogliere in quel momento il bisogno di quel ragazzo o di quel gruppo e sa tirar fuori qualcosa di mai visto, che spiazza, che, per rimanere all’espressione, libera da un possibile pericolo. Ma per fare un intervento così, serve una competenza e una testimonianza ancora più qualificata, perchè ci si trova al punto di incrocio tra ciò che si è progettato, ciò che si è anche studiato e la persona concreta, mai riducibile ad un “caso da studio”. L’intervento di don Ugo e le conclusioni di don Samuele spingono a pensare ad un oratorio per il futuro, in “uscita”, uno dei verbi che rappresentavano le 5 vie su cui ha riflettuto la chiesa italiana al convegno di Firenze, ripresi da don Samuele alla conclusione dell’assemblea. 

L’intervento del Vicario Generale all’assemblea Fom di quest’anno sottolinea invece una certa inerzia e fatica nell’accogliere la scelta delle comunità pastorali, soprattutto nella loro intenzione “missionaria”, di riappropriazione di una presenza territoriale: lo sguardo, nel nostro tempo, si deve sempre più allargare agli oratori vicini, cercando di condividere un progetto che sappia raggiungere le situazioni di ciascun ragazzo. 
Progettare, formare, lavorare in rete nel nostro contesto sociale e con queste indicazioni può, anzi, deve avvenire in tutta la diocesi, perchè anzitutto significa investire su uno stile testimoniale di oratorio oggi più che mai necessario: una società “liquida”, una società “multi” chiede che un ambiente che si definisce educativo e a servizio della crescita della fede dei piccoli sappia rispondere alla domanda “Perchè è bello credere? Come cambia la mia vita se credo e vivo in comunione con gli altri?”. La risposta è anzitutto uno stile di ascolto e di condivisione, è l’allestimento di una “casa”, l’oratorio, che si prepara all’imprevedibile, come è imprevedibile ogni incontro tra persone!
Per chiudere e rilanciare l’ascolto della giornata di Bologna, ricordo che il prof. Triani ad un certo punto ha parlato di un compito fondamentale per l’oratorio, se vuole raccogliere le sfide di oggi, ovvero deve darsi un metodo di lavoro, un’altra parola che va oltre il progetto, ma che anzitutto rilancia sulla necessità di avere uno stile che si vede in ogni gesto della comunità cristiana. Solo così un “tiro da oratorio” diventa un tiro da campioni!
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