IL SONNO DELLA RAGIONE DEGENERA… SUI SOCIAL

BLOG di Claudio NASUELLI

15.09.2016 | PUNTATA 1 – FACEBOOK

goyaPrendendo in prestito il titolo dell’opera d’arte realizzata nel 1797 da Francisco Goya, “Il sonno della ragione genera mostri”, intitoliamo così una serie di riflessioni sui social network. La scena del sonno della ragione rappresenta un uomo addormentato (probabilmente Goya stesso) mentre prendono forma, attorno a lui dei mostri, come suggerisce il titolo, sono il parto della sua mente.

Nel nostro caso invece, il sonno o meglio l’assenza della ragione degenera direttamente sui social network: oggi parleremo di uno dei più noti e utilizzati, cioè Facebook.

Prima però dobbiamo capire bene dove ci troviamo: Facebook ha una struttura individualista, cioè i gruppi sociali scompaiono come la comunità o la famiglia e se non spariscono diventano dei network anch’essi.

Le relazioni quindi sono fatte da legami deboli, al centro della rete ci sono “io” e intorno tutto il mio mondo fatto di ulteriori reti concentriche. I legami forti tendono a scomparire e quindi per esempio gli adolescenti non hanno tra le cerchie degli amici i loro genitori, oppure i datori di lavoro o i superiori sono tutti messi in una cerchia che li mette allo stesso piano nostro dove comunque noi rimaniamo e siamo sempre i soli al centro di tutto.

La visibilità sociale implica una nuova forma di controllo e se non sono visibile e non ci sono non esisto, scompaio dalla rete: consapevole di guardare gli altri e di essere in continuo guardato e quindi dell’impressione che genero negli altri, i miei “amici” diventano il mio pubblico e io divento come un mass media incorporando il gradimento dagli altri che a loro volta mi guardano.

Alcuni dispositivi e funzioni per l’utente, sommati allo stesso algoritmo di Facebook, generano i post e i contenuti che vediamo sui nostri profili in base ad alcune nostre preferenze e quindi mostrandoci solo quello che viene ritenuto con la maggior percentuale per noi ed eliminando il resto, impedendoci di vedere ed incontrare altri.
In breve quello che ci sembra spontaneo e libero in realtà è il massimo dell’artificialità.

Così in questo contesto digitale, prendono spazio gruppi-pagine o singoli, che fanno diventare buona ogni occasione per pubblicare qualsiasi cosa, anche particolarmente creata ad hoc, per poter attaccare personaggi pubblici, privati, istituzioni o chiunque altro non la pensi come lui o come dicevamo prima, solo come scusa per ampliare al massimo la propria visibilità sociale, come se fossimo su un reatily show e a volte con interessi economici.

Possiamo prendere in esame alcuni casi che sono emersi purtroppo durante la grave emergenza del terremoto nel centro Italia:

il primo riguarda una pagina-gruppo già dal titolo discutibile, che però raccoglie ben oltre 130.000 utenti che la seguono, dove nel giorno dei funerali e del lutto nazionale, hanno trovato il tempo di fare un fermo immagine e ritagliarlo della diretta del rito funebre, per

poter accusare il personaggio pubblico interessato nell’immagine, di mancare di rispetto verso le vittime perché a loro avviso stava utilizzando di nascosto sotto la cravatta lo smatphone e contemporaneamente facendo il segno della croce. Nella realtà questo ovviamente non è mai accaduto, ma insinuare solo il dubbio… ha generato o degenerato in oltre 5000 condivisioni, oltre 600 commenti e 2000 reazioni tramite le famose emotions.

Guardando solo alcuni dei commenti, si è notato come c’era chi concordava con la pubblicazione, ma anche chi nonostante non fosse simpatizzante per l’interessato, lo difendeva ugualmente davanti alla palese montatura.

Il secondo esempio riguarda la solita polemica scatenata approfittando di una grave tragedia, per dire che la priorità di alloggi stabili come alberghi va esclusivamente ai cittadini italiani vittime del sisma e che i profughi invece devono essere inviati in tende.

A questo post pubblicato da un noto personaggio pubblico che cavalca l’onda, ha risposto una persona proveniente dalle zone colpite dal sisma, spiegando che non solo le strutture erano già gratuitamente state rese disponibili senza guardare la cittadinanza, ma che per una questione di sicurezza tutte le persone colpite dal sisma per ovvi motivi preferivano rimanere nel primo periodo nelle tende allestite per l’emergenza.

Risultato: quasi 30.000 condivisioni con un vero e proprio incendio di commenti incalcolabile che hanno addirittura in modo maleducato e offensivo colpito la persona che aveva risposto. Inoltre siccome non bastava, si è degenerati su ogni singolo commento.

Per essere più chiari, ogni singolo commento aveva a sua volta quasi 500 risposte e oltre 10.000 reazioni di emotions che nel post iniziale raggiungevano quasi le 100.000, scatenando una vera e propria guerra digitale di odio, attacchi, insulti e addirittura con chi invitava anche a forme di violenza persino verso la Chiesa, che nel discorso non centrava.

Anche nella quotidianità, dove non ci sono gravi fatti da sfruttare… si vede spesso questo assurdo atteggiamento da parte di molti.

A questo proposito, ci domandiamo qual’è e se esiste uno «stile cristiano» nell’abitare i social network?!

Nel contesto che abbiamo citato prima, sicuramente un pensiero cristiano che fonda le sue basi nella fede certamente rischia di perdersi, o nella migliore delle ipotesi viene messo da parte nell’infinità di pensieri e sentimenti o idee.

Quando invece esistono queste basi, purtroppo vengono facilmente screditate da commenti ben poco cristiani con il rischio che finiscano anche alla deriva.

Infatti si è creata un’abitudine generale, anche per un credente, che su un social network
come facebook, a furia di leggere interventi degenerati di qualunque tema, viene naturale quasi commentare anche di argomenti religiosi, con una durezza che sfocia troppo spesso in una mancanza totale di educazione, di rispetto e direi proprio anche di ragione.

Così ci si dimentica che anche nel mondo digitale bisogna utilizzare uno stile nel comunicare, perché il profilo personale non è un gioco di una vita virtuale, ma rappresenta a tutti gli effetti una persona reale in carne ed ossa, che deve assumersi poi le responsabilità di ciò che scrive e pubblica.

Papa Francesco nel suo Messaggio per la 50esima Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali, lo scorso gennaio, ci aveva già ricordato come «non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo è la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione».
Nel volume “La missione digitale”, appena uscito, gli autori Giovanni Tridente e Bruno Mastroianni, hanno riletto il “messaggio” di Francesco in chiave social, creando una sorta di vademecum in sei punti, che tutti noi dovremmo imparare a memoria prima di muoverci su Twitter, Facebook, Snapchat e Instagram.

l. Ricorda che «l’accesso alle reti digitali comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale, ha la sua dignità».


2. Ascolta gli altri e pensa che «ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui».


3. Prima di postare, impegnati a «scegliere con cura parole e gesti per (…) guarire la memoria ferita e costruire pace».


4. Deciditi a «non spezzare mai la relazione».


5. Nelle reti digitali «possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato (…) ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore».


6. Non dimenticare che «solo parole pronunciate con amore (…) toccano i cuori».
Alcuni giorni fa, Francesco, i cui profili social sono al top, ci ha spronato in un tweet: «Ai gesti di odio e distruzione, opponiamo gesti di bontà».
Non parole da baci Perugina, ma gesti di bontà (anche digitali, mi permetto di aggiungere).

 

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