NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE

Ottavio PIROVANO

BLOG di Ottavio PIROVANO

07.04.2016

 

Parafrasando un po’ il libro di Qoelet, verrebbe da dire così se si leggesse il libro sulla storia degli oratori ambrosiani del novecento, che, tra l’altro, verrà presentato presso l’università cattolica lunedì 11 aprile e che segnaliamo come libro del mese sul nostro sito. Nella storia degli oratori del novecento ci sono tante “ripetizioni”, tante scelte che potremmo ricondurre al famosissimo “si è sempre fatto così”! C’è una ripetitività che però è da considerarsi sana, perché solo apparentemente rimanda ad una staticità, bisogna intendersi cosa si è sempre fatto allo stesso modo e quindi a cosa si è rimasti fedeli in questo secolo di storia dell’oratorio.
Ci sono due poli nell’azione dell’oratorio che rimangono statici: la fedeltà al Vangelo e la fedeltà ai ragazzi. È immediatamente chiaro che Vangelo e ragazzi sono solo in apparenza statici. Per definizione il Vangelo, che poi è l’incontro personale con Gesù, rinnova costantemente le persone: “Ecco io faccio nuove tutte le cose” è l’esclamazione che esce dal trono dove sta seduto il Signore, nel libro dell’Apocalisse. In parallelo, per definizione ogni ragazza, ogni ragazzo, è unico e irripetibile. Capite che per essere fedeli ad un Vangelo che costantemente rinnova e fedeli a delle persone “uniche” bisogna continuamente rinnovarsi. Nel corso del novecento questa staticità dinamica l’hanno ben capita soprattutto i vescovi che si sono succeduti sulla cattedra di Ambrogio, i quali hanno sempre dato impulso ai preti, ai laici, alla Fom, alla città di Milano, alle nuove parrocchie che nascevano nei nuovi quartieri popolari, affinchè l’oratorio potesse offrire uno spazio e soprattutto un tempo di crescita “con” i ragazzi, e non a prescindere da essi, ovvero mettendoli sempre al centro dell’attenzione educativa, coinvolgendoli nelle esperienze che non potevano avvenire senza il loro decisivo apporto, con una grande fantasia e un forte impulso all’utilizzo di nuovi linguaggi: basti pensare che all’inizio del ‘900 il circuito dei cinema parrocchiali, spesso situati in oratorio, aveva quasi  il monopolio dell’attività.
L’oratorio è funzionato laddove ha saputo confrontarsi, a volte in modo dialettico, a volte in modo conflittuale, a volte in modo sereno, con i ragazzi e i giovani che lo frequentavano: rileggendo il libro sugli oratori ambrosiani, strumento prezioso da leggersi nei nostri oratori, si scopre che ad ogni cambiamento significativo della società l’oratorio ha saputo rispondere con intelligenza, a volte con astuzia, spesso con scelte profetiche, alle scelte della società. Pensiamo a cosa è avvenuto a livello sociale durante la storia centenaria dei nostri oratori: le due guerre mondiali, la ricostruzione, il boom economico, la migrazione interna, la nascita di nuovi quartieri, il 68 e tutti gli anni 70 con la crisi del principio di autorità, la nuova immigrazione… se l’oratorio c’è ancora e, almeno nella testa e nel cuore di molti è rimasto come un punto significativo, forse è perché ha parlato la lingua di chi lo ha incrociato sul suo cammino di crescita.
Bisogna anche dire che , leggendo soprattutto il magistero del Cardinale Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, non sempre gli oratori sono stati fedeli al Vangelo e ai giovani, se già nel ’57-’58 ci sono discorsi del cardinale in cui si sottolinea che i giovani lasciano gli oratori, attratti dal boom economico, da false ideologie, dall’edonismo e dall’individualismo, addirittura si accenna già al fenomeno del week end fuori dalla città! Certo, forse questo succedeva soprattutto a Milano, però fa un po’ scalpore leggere certe affermazioni e scoprire che non sempre c’è stata una reazione conseguente dell’oratorio nel rigenerarsi e nel riconoscere che forse la proposta andava ripensata. Successivamente, il ’68 ha portato spesso ad una rottura con il mondo giovanile, con il mondo della cultura, tanto da far nascere a qualche storico il dubbio se negli oratori non si siano tenuti i giovani più “controllabili”, a fronte di chi chiedeva maggior libertà di pensiero e creatività, soprattutto, ahimè, a fronte di chi si è occupato di giustizia sociale, di non violenza, di attenzione al mondo femminile, allontanandosi dagli oratori. Rileggere la storia dell’oratorio ambrosiano e, per ciascuno, del proprio oratorio, serve a mantenere l’attenzione e la fedeltà al Vangelo e alla storia di ciascuno, nel contesto sociale di oggi, perché non dobbiamo fare l’oratorio di ieri, ma nemmeno quello di domani, ma solo e sempre quello di oggi, perché “Oggi devo fermarmi a casa tua”, oggi è il momento per incontrare il Signore.

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