Natale di misericordia

“Non c’è bisogno di giudizio

scegliendo la Misericordia”

di Ottavio PIROVANO

24.12.2015 – Non può che essere questo l’augurio per il Natale di quest’anno: rimanere stupiti e anche scandalizzati dalla Misericordia che ci raggiunge nella grotta di Betlemme. Bisogna riconoscere che, nonostante ci attragga, il messaggio di Misericordia proveniente dalla Parola e che Francesco ripropone in ogni discorso e gesto, ci scandalizza. Va bene la Misericordia, ma il Male? E la legge, la morale? Certo la Misericordia ma anche il Giudizio… e così via, come a correggere e nei casi più duri a limitare la potenza del cuore di Dio. Eppure a Natale Gesù nasce in una grotta, forse in una stalla, da una famiglia ben poco regolare, certamente con poche possibilità di influenza politica e religiosa, in un mondo dominato dalla potenza tirannica di molti padroni che governano con la spada e il terrore: è tutto un po’ stonato nella scena del Natale, è molto sproporzionato l’annuncio degli angeli rispetto alla scena incontrata dai pastori. Forse bisogna ripartire da qui, dall’insignificanza della scena: Dio sceglie una via per salvare, per strappare dal male, ed è la via dell’insignificanza agli occhi degli uomini, perché è una via discreta, che non si impone, anzi, che chiede aiuto anche al più povero degli uomini per poter dire una buona parola, è una via che sa attendere, perché dopo Betlemme ci sono trent’anni di silenzio a Nazaret. C’è una potenza però nella scelta di questa via, e sta nella certezza che l’abbassamento genera condivisione, e quindi accompagna e risolve il vero dramma dell’uomo: rimanere da soli. La Misericordia, avere nel cuore i miseri, o come dice anche la letteratura, i Miserabili, scritto all’alba della rivoluzione industriale quando a scapito del progresso, le strade delle città erano piene di persone che vivevano, e morivano, in strada, è dare voce a chi non conta, perché non si perda nessun profeta donato da Dio. Non c’è bisogno di giudizio scegliendo la Misericordia: è più che sufficiente sceglierla e porsi nel mondo come segno di contraddizione, ma anche pronti ad accogliere chi scende dallo spettacolo del circo messo in scena dai potenti di turno che miete vittime in ogni angolo del mondo. La scena del Natale prefigura certamente quella ancor più scandalosa della Pasqua, in particolare della croce: se, leggendo alcune parole di Gesù nei vangeli si può forse intravvedere qualche accenno al giudizio, nella scena della croce non c’è nulla che rimandi ad una pena per i peccatori, presenti alla scena, e futuri. E sappiamo, anche se non è scritto da nessuna parte, che satana avrà tentato fino all’ultimo Gesù perché dicesse una mezza parola di condanna, almeno per chi fisicamente lo aveva messo in croce. Nulla! Da parte di Dio non c’è nessun ripensamento, nemmeno all’ultimo secondo: solo la Misericordia può salvare l’uomo peccatore, e se c’è qualcuno che deve lasciare la scena, non è l’uomo, ma è Dio che si fa da parte, scegliendo di perdere ogni potere perché trionfi la vita e non la morte, attraverso la condanna. La Misericordia è la differenza di Dio che irrompe nella storia, tutto il resto l’uomo già lo conosce: il bene e il male, il giudizio, la legge, i tribunali, sono tutte esperienze che sono state vissute fin nella notte dei tempi. Non c’era bisogno della Rivelazione per sapere che l’uomo ha bisogno di una legge per vivere, che il malvagio non può convivere con gli altri, ma nessun ragionamento umano, nessuna religione e quindi rito sacro, ha mai osato immaginare che da Dio potesse venire una parola nuova, una parola che permette di avere sempre un’altra possibilità nella vita. Certo, chi compie il male, il male estremo, causando la morte di un’altra persone o di milioni di persone innocenti, mette fortemente in discussione l’efficacia della scelta di Dio: nella Scrittura non c’è risposta a questo dilemma che si ripropone ad ogni olocausto della storia, il male c’è anche se dio non è la causa, c’è però una scelta precisa di Dio, quella di mettersi dalla parte degli oppressi e di identificarsi con loro e alla fine di morire piuttosto che uccidere i suoi persecutori. Evidentemente la Misericordia offre anche uno sguardo diverso sulla realtà, dona una prospettiva che sa vedere un futuro eterno, oltre la morte, oltre la vita terrena: se è Dio che ha cura dei miseri, non li abbandonerà certo alla morte! E per chi causa la morte? Lo sguardo della Misericordia, che solo Dio possiede, sa vedere nella vita di ciascuno, sa leggere le storie di ogni uomo, sa scorgere che possibilità ogni uomo ha avuto di ricevere attenzione, cura, sicurezza, fiducia, atteggiamenti che fanno percepire ad ogni uomo che sei accolto, amato, custodito: chi non vive queste attenzioni, chi non le assapora su di sé, è destinato ad una vita d’inferno, qui su questa terra, vive come nei gironi danteschi in cui per tutta l’esistenza si rincorre, senza mai raggiungerlo, un benessere falso. Non è giustificazione nei confronti di chi compie il male, ormai la psicanalisi, le neuro scienze ci hanno descritto come il nostro cervello si sviluppa: se non ci sono condizioni di accoglienza, di affetto, di continui rinforzi e approvazioni, non ci sono umane possibilità di una vita felice. E Dio che cosa può fare, se non avere Misericordia, a partire da uno sguardo che legge in profondità nella vita di ciascuno, una Misericordia concessa non per buonismo, ma per permettere a ciascuno di sentirsi ben accolto, per dire ad ogni persona che la sua presenza nella storia è una benedizione. E poi c’è una grande sorpresa nell’approfondire la Misericordia di Dio, soprattutto attraverso i racconti evangelici degli incontri di Gesù con i peccatori: sembra che addirittura scompaia la figura del Giudice! Spesso si dice che Gesù è venuto a giudicare il mondo, e noi lo immaginiamo così anche perché, ad esempio, l’arte spesso lo raffigura in questo modo, ad esempio in uno dei capolavori della pittura, ovvero il Giudizio Universale della cappella Sistina; la parola “giudizio” subito ci fa immaginare il tribunale dove c’è l’accusatore degli uomini e il giudice. Ma è pensabile che Gesù sia l’accusatore degli uomini? E se invece l’accusatore è satana, Gesù lo ha sconfitto. È un tribunale dove manca l’accusa e dove anche il giudice non emette condanne: se ci pensate bene, è la scena del capitolo 8 di Giovanni, di Gesù che si trova davanti all’adultera. Salva la legge o la donna? Non è questa l’alternativa. Gesù fa, come sempre, un passo in più: difende la legge (“vai e non peccare più”), la donna (“nemmeno io ti condanno”), e anche i suoi accusatori (“chi è senza peccato…”), che per un attimo hanno voluto prendere il posto di Dio, giudicando. Non è il posto dell’uomo quello del giudizio e quello dell’eseguire la condanna (quante stragi in nome di Dio si sarebbero evitate se solo questo brano fosse stato meglio compreso), ma di Dio, ma quando tocca a Gesù, nemmeno Lui condanna, così la sua misericordia è scesa contemporaneamente sulla donna adultera e sugli uomini che la volevano condannare.
Piuttosto che discutere se è giusta o meno l’insistenza sulla misericordia, è forse meglio ammettere che non ne siamo capaci! Non ci resta che stupirci della nascita di Gesù nella stalla di Betlemme, una stalla frutto del rifiuto degli uomini, una stalla lontana dai riflettori, per questo una stalla che non vuole fregare nessuno con le luci scintillanti del potere e del benessere, una stalla dalla Misericordia che assume da subito il fetore dell’umanità rifiutata, ma che al tempo stesso mette in moto una rete di solidarietà tra poveri: non è forse vero che il presepe è fatto di statuine che rappresentano personaggi della vita normale, intenti a portare qualcosa di loro per allietare la vita di Gesù, Maria e Giuseppe? Che il Signore ci conceda di gustare la sua Misericordia: scelta di Dio a favore dell’umanità, scelta irrevocabile per l’eternità!

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