L’IMPORTANZA DELLA REGOLA

BLOG di Christian CANZIANI

13.09.2016

“In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”
Chi non ha riconosciuto questo input proveniente da uno dei più grandi classici del nostro tempo?
Si tratta di un brevissimo stralcio de “Il Piccolo Principe”.
Non esiste oratorio che non abbia preso spunto almeno una volta da una di queste pagine. Oggi provo a farlo anche io, in maniera nuova, perché il dialogo tra il Principe e la Volpe è uno degli esempi più limpidi e sinceri di come iniziare una vera amicizia, un vero legame in cui si dà e si riceve ma è anche un concentrato di consigli su come “mettere in chiaro come fare un pezzetto di strada”. Mi voglio concentrare, per la prima volta, su questo discorso che “esce tra le righe”.
Mi capita spesso che l’oratorio sia visto, soprattutto dai ragazzi delle medie e da quelli delle superiori, come un grande parco pubblico ed in questo periodo sempre più freddo come un parco che ha addirittura degli accessori più che accoglienti: il riscaldamento e qualcuno che è te lo apre sempre (più o meno) in orario.
Una delle sfide è sempre quella di “perdere tempo” a far capire che non funziona così: l’oratorio non è un parco o, peggio, un parcheggio… l’oratorio è un ponte tra la strada e la Chiesa, è la propensione ludico-aggregativa di una parrocchia, è il luogo dedicato alla formazione cristiana, al gioco e al tempo libero. Ecco, potrei teorizzare insieme a loro tante definizioni diverse di oratorio ma quello di cui sono assetati è provare queste emozioni buone che nascono dall’accoglienza, dall’accompagnamento e dal riconoscersi, dal rincorrersi e dall’imparare ad ascoltarsi con sincerità giorno dopo giorno.
Tante volte mi capita di pormi come uno sgrezzatore: quanti ne entrano da quel cancello che avrebbero bisogno di una “bella lavata” (in modalità “car wash”)! E, anno dopo anno, mi accorgo che chi varca quel cancello ha spesso una storia importante da raccontare che, probabilmente, non l’ha mai svelata neppure ai suoi compagni di gioco: spesso sono ragazzi che vanno mal volentieri a scuola, che hanno problemi in casa, che non sanno cosa fare della propria vita, che vengono fregati da chi li svende e li sfrutta bruciandogli sogni ed valori.
Allora mi accorgo che la differenza tra un oratorio e un parco pubblico è la presenza non di Christian ma di una comunità che sappia accogliere chiunque cerchi un luogo in cui respirare “aria buona”, più in particolare che abbia la forza di accogliere una persona così com’è per mostrarle che siamo tutti in cammino verso la pace, la speranza e l’amore e che questo orizzonte lo possiamo vedere solo in un Gesù concreto e non in venditori di fumo o nei falsi profeti del 2016.
E accoglienza vuol dire prima di tutto, come nel caso del Piccolo Principe, darsi delle regole che creano, di conseguenza, dei riti da rispettare affinché esse generino rispetto di sé, del luogo e dell’altro e permettano la giusta confidenza per dirsi: “io sono così, abbiamo strade percorribili?”.
Io credo nell’oratorio: stupendo strumento nato da intuizioni ed esigenze diverse per accogliere con sincerità ed educare a una vita da “buoni cristiani e onesti cittadini”.
Io credo che, da qui, passi il futuro del mondo e noi, laici educatori responsabili con specifici o vaghi compiti di direzione d’oratorio, dobbiamo essere sempre pronti a cogliere, in ogni attimo, l’occasione perché l’oratorio rimanga sempre fertile e non un mero e freddo parcheggio di anime.
Ed è qui che i divieti, gli orari, lo stile e l’abbigliamento, il linguaggio ed “il fermi tutti”, prendono il giusto sapore per sentirsi parte di una Chiesa fatta da ciascuno di noi con i propri limiti, i propri odori, le proprie potenzialità e le proprie (poche o tante cose) da donare.

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